Curiosità
Il rapporto tra Nietzsche e il capoluogo piemontese: Torino non è un luogo che si abbandona
“Chi è questo Dio?” Se lo chiedeva Nietzsche, il filosofo, poeta, saggista apolide, Dio è “la nostra più lunga menzogna”, è la personificazione di tutte le varie certezze morali, religiose attraverso cui l’umanità ha dato un senso rassicurante al caos della vita. È l’essenza di tutte le credenze create dall’uomo, dai tempi dei tempi, per far fronte alla paura dell’assenza di logicità e di qualcosa di benefico che guida la vita.
Scrive Nietzsche: «C’è un solo mondo ed è falso, crudele, contraddittorio, senza senso (…) Noi abbiamo bisogno della menzogna per vincere questa realtà, questa ‘verità’. Cioè per vivere».
Friedrich Nietzsche soggiornò nel capoluogo piemontese dal 21 settembre 1888 al 9 gennaio 1889, fu un periodo breve, ma che bastò al filosofo per innamorarsi della città e della sua gente. Scrisse di Torino, in alcune lettere indirizzate a parenti e amici, frasi come: “Su Torino non c’è niente da ridire: è una città magnifica e singolarmente benefica” e ancora “Torino non è un luogo che si abbandona”.
Il suo appartamento ammobiliato, al quarto piano di via Carlo Alberto 6, costava 30 lire al mese, ed era di proprietà di Davide e Candida Fino, gestori della rivendita di giornali in piazza Carlo Alberto. La sua stanza era la quinta, dall’angolo di via Carlo Alberto, verso sinistra, dava sulla piazza, proprio sopra l’ingresso della galleria Sulbalpina.
Quel che disse su Torino fu molto:
“Torino: città dignitosa e severa! Niente affatto grande città, niente affatto moderna come avevo temuto: ma una residenza del diciassettesimo secolo, dove su tutto era stato imposto un unico gusto, quello della Corte e della noblesse. Su ogni cosa è rimasta impressa una calma aristocratica: non vi sono meschini sobborghi; un’unità di gusto che si estende fino al colore (tutta la città è gialla o rosso-bruna). Ed è un luogo classico per i piedi come per gli occhi”
“Meravigliosa limpidezza, colori d’autunno, uno squisito senso di benessere diffuso su tutte le cose”
“Torino, amico mio, è una scoperta capitale… sono di buon umore e lavoro dal mattino alla sera. Un piccolo pamphlet di argomento musicale mi tiene occupate le mani. Mangio come un dio, riesco a dormire nonostante il rumore delle carrozze che passano di notte. E l’aria: secca, energizzante, allegra… il primo luogo in cui sono possibile!”
“La sera sul ponte del Po: magnifico! Al di là del bene e del male!”
“ Su Torino non c’è niente da ridire: è una città magnifica e singolarmente benefica”
La fine del soggiorno di Nietzsche a Torino fu decisamente tragica. La storia di Nietzsche e del cavallo, che secondo alcuni segna il momento del suo collasso mentale, racconta come il 3 gennaio del 1889 il filosofo, uscendo di casa, vide un cocchiere frustare violentemente e prendere a calci il suo cavallo. Nietzsche, sconvolto da questa immotivata ferocia, corse a fermare l’uomo e una volta arrivatogli vicino, con le lacrime agli occhi, iniziò ad abbracciare e baciare il cavallo. Il filosofo fu riaccompagnato nella sua camera, ancora sconvolto mentre urlava di essere “Dioniso” o “Gesù Crocifisso”.
Non si sa se questo aneddoto corrisponda al vero, quello che si sa per certo storicamente è che
quel giorno, Nietzsche svenne in Piazza Carlo Alberto e che da allora iniziò a scrivere ai suoi amici, ai parenti a a personaggi celebri dell’epoca i cosiddetti “biglietti della follia”, delle lettere in cui si firmava come “Dioniso” o “il Crocifisso”. Il 9 gennaio, l’amico Overbeckper, teologo protestante e suo ex insegnante, giunse a Torino per portare via Nietzsche e farlo curare in una clinica psichiatrica a Basilea.
In via Carlo Alberto 6 si trova oggi una effige con su scritto: “In questa casa Federico Nietzsche conobbe la pienezza dello spirito che tenta l’ignoto, la volontà di dominio che suscita l’eroe. Qui, ad attestare l’alto destino e il genio, scrisse Ecce Homo, libro della sua vita. A ricordo delle ore creatrici, primavera autunno 1888, nel primo centenario della nascita la città di Torino pose”.
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