Musei in Piemonte
Un elenco in aggiornamento dei musei in Piemonte
L'Archivio - Museo, attraverso la presenza di documenti, oggetti e strumenti, rappresenta la 'memoria storica' della Società Italiana per il Gas, nata a Torino nel 1837. Ospitando oltre 150 anni di storia del gas, aiuta a comprendere l'importanza sociale e tecnologica delle scoperte del gas illuminante e delle sue applicazioni industriali. Il patrimonio storico del Museo Italgas consiste in più di 1.000 metri lineari di documenti, 6.000 di volumi, opuscoli e riviste, 35.000 stampe, fotografie e manifesti, 350 apparecchiature e strumenti d'epoca. Rivestono particolare interesse i verbali dei consigli di amministrazione, i libri contabili e rare opere dei primi teorici (J. Baptista van Helmont, J. Peter Minckelers e A. Volta) che testimoniano procedimenti e attività.
L'Archivio - Museo, attraverso la presenza di documenti, oggetti e strumenti, rappresenta la 'memoria storica' della Società Italiana per il Gas, nata a Torino nel 1837. Ospitando oltre 150 anni di storia del gas, aiuta a comprendere l'importanza sociale e tecnologica delle scoperte del gas illuminante e delle sue applicazioni industriali. Il patrimonio storico del Museo Italgas consiste in più di 1.000 metri lineari di documenti, 6.000 di volumi, opuscoli e riviste, 35.000 stampe, fotografie e manifesti, 350 apparecchiature e strumenti d'epoca. Rivestono particolare interesse i verbali dei consigli di amministrazione, i libri contabili e rare opere dei primi teorici (J. Baptista van Helmont, J. Peter Minckelers e A. Volta) che testimoniano procedimenti e attività.
La casa natale di Fausto Coppi è diventata un museo che racconta la storia privata e sportiva del Campionissimo. Visitandolo, gli appassionati di ciclismo, gli estimatori del Grande Airone e i turisti, ritroveranno gli oggetti e l’atmosfera cara al Campionissimo: il Coppi privato; uno sportivo, un personaggio conosciuto in tutto il mondo che, anche nei momenti di maggior celebrità, tornava al paese per ritrovare sé stesso, la sua famiglia e i vecchi amici.
Respirare quell'aria, entrare in quelle stanze, vedere gli oggetti che ha toccato e fra cui ha vissuto; ogni anno, tifosi da tutto il mondo, si ritrovano qui per rendere omaggio al Campione Inobliabile, un luogo d'incontro ideale fra affetto e nostalgica ammirazione, per una grande figura umana e sportiva che non conosce confini.
Il museo è aperto il sabato 15.00 – 18.30 e la domenica 10.00 - 12.00; 15.00 – 18.30. Altre aperture sono possibili per appuntamento.
La casa natale di Fausto Coppi è diventata un museo che racconta la storia privata e sportiva del Campionissimo. Visitandolo, gli appassionati di ciclismo, gli estimatori del Grande Airone e i turisti, ritroveranno gli oggetti e l’atmosfera cara al Campionissimo: il Coppi privato; uno sportivo, un personaggio conosciuto in tutto il mondo che, anche nei momenti di maggior celebrità, tornava al paese per ritrovare sé stesso, la sua famiglia e i vecchi amici.
Respirare quell'aria, entrare in quelle stanze, vedere gli oggetti che ha toccato e fra cui ha vissuto; ogni anno, tifosi da tutto il mondo, si ritrovano qui per rendere omaggio al Campione Inobliabile, un luogo d'incontro ideale fra affetto e nostalgica ammirazione, per una grande figura umana e sportiva che non conosce confini.
Il museo è aperto il sabato 15.00 – 18.30 e la domenica 10.00 - 12.00; 15.00 – 18.30. Altre aperture sono possibili per appuntamento.
Sulla preesistenza fortificata di XV secolo, già a sua volta esito di rimaneggiamenti di un sistema difensivo antecedente, Carlo di Castellamonte compie una prima trasformazione del complesso (1619) per convertirlo in residenza, secondo un progetto del quale si fa interprete Cristina di Francia, con la collaborazione dell’architetto Andrea Costaguta, a partire dal 1646. Nel 1650 si iniziano anche i lavori di livellamento per la realizzazione di un giardino, da organizzarsi su terrazzamenti artificiali. Sotto la direzione di Amedeo di Castellamonte il cantiere assume proporzioni imponenti, configurando la soluzione definitiva a pavillon-système attorno a un cortile rettangolare (1664-1683). Altri interventi portano la firma di Filippo Juvarra (con istruzioni del 1731) e di Benedetto Alfieri (1752-1756), mentre al giardino attende dal 1765 Michel Benard, sulla base di ampi parterres oggi scomparsi. Nel 1789, su disegno di Giovanni Battista Piacenza, si arreda l’appartamento del Duca d’Aosta, l’anno successivo Carlo Randoni fornisce disegni per camini e arredi. Con la Restaurazione il castello è sede di rappresentanza: vi si attuano consistenti lavori di riarredo, poi completati secondo il gusto dell’epoca per Vittorio Emanuele II. Dal 1948, passato al demanio dello Stato, è dato in uso all’Arma dei Carabinieri ed è oggi sede del “1° Battaglione Carabinieri Piemonte”. I tre appartamenti reali sono viceversa in consegna alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte e sono visitabili. Si tratta degliappartamenti reali propriamente detti (di fatto di Vittorio Emanuele II), di Maria Clotilde di Savoia, sposa di Gerolamo Bonaparte, e di Maria Letizia Bonaparte, con un notevole salotto cinese di tardo XVIII secolo, poi trasformato in sala da toeletta.
Sulla preesistenza fortificata di XV secolo, già a sua volta esito di rimaneggiamenti di un sistema difensivo antecedente, Carlo di Castellamonte compie una prima trasformazione del complesso (1619) per convertirlo in residenza, secondo un progetto del quale si fa interprete Cristina di Francia, con la collaborazione dell’architetto Andrea Costaguta, a partire dal 1646. Nel 1650 si iniziano anche i lavori di livellamento per la realizzazione di un giardino, da organizzarsi su terrazzamenti artificiali. Sotto la direzione di Amedeo di Castellamonte il cantiere assume proporzioni imponenti, configurando la soluzione definitiva a pavillon-système attorno a un cortile rettangolare (1664-1683). Altri interventi portano la firma di Filippo Juvarra (con istruzioni del 1731) e di Benedetto Alfieri (1752-1756), mentre al giardino attende dal 1765 Michel Benard, sulla base di ampi parterres oggi scomparsi. Nel 1789, su disegno di Giovanni Battista Piacenza, si arreda l’appartamento del Duca d’Aosta, l’anno successivo Carlo Randoni fornisce disegni per camini e arredi. Con la Restaurazione il castello è sede di rappresentanza: vi si attuano consistenti lavori di riarredo, poi completati secondo il gusto dell’epoca per Vittorio Emanuele II. Dal 1948, passato al demanio dello Stato, è dato in uso all’Arma dei Carabinieri ed è oggi sede del “1° Battaglione Carabinieri Piemonte”. I tre appartamenti reali sono viceversa in consegna alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte e sono visitabili. Si tratta degliappartamenti reali propriamente detti (di fatto di Vittorio Emanuele II), di Maria Clotilde di Savoia, sposa di Gerolamo Bonaparte, e di Maria Letizia Bonaparte, con un notevole salotto cinese di tardo XVIII secolo, poi trasformato in sala da toeletta.
Il Centro Museo e Documentazione Storica (CEMED) è stato istituito nel 1997 per gestire la memoria storica dell'Ateneo. Ha finalità di conservare, studiare e valorizzare il patrimonio storico-scientifico dell'Ateneo, coordinando le attività inerenti agli archivi, alle collezioni e ai materiali, già della Scuola di applicazione per gli ingegneri (1859-1906) e del Regio Museo Industriale italiano (1862-1906) e, in seguito, del Politecnico di Torino (dal 1906). Presso il centro sono custodite collezioni di strumenti scientifici e didattici e fondi documentari, tra cui una parte dell'Archivio Storico Studenti, costituito dai Registri degli studenti della Scuola di applicazione per gli ingegneri e del Regio Museo Industriale. Il Progetto MAP, 'Museo Archivio Politecnico', portato avanti dal CEMED, è diventato l'asse portante delle attività di diffusione e promozione delle memorie di Torino città-politecnica.
Il Centro Museo e Documentazione Storica (CEMED) è stato istituito nel 1997 per gestire la memoria storica dell'Ateneo. Ha finalità di conservare, studiare e valorizzare il patrimonio storico-scientifico dell'Ateneo, coordinando le attività inerenti agli archivi, alle collezioni e ai materiali, già della Scuola di applicazione per gli ingegneri (1859-1906) e del Regio Museo Industriale italiano (1862-1906) e, in seguito, del Politecnico di Torino (dal 1906). Presso il centro sono custodite collezioni di strumenti scientifici e didattici e fondi documentari, tra cui una parte dell'Archivio Storico Studenti, costituito dai Registri degli studenti della Scuola di applicazione per gli ingegneri e del Regio Museo Industriale. Il Progetto MAP, 'Museo Archivio Politecnico', portato avanti dal CEMED, è diventato l'asse portante delle attività di diffusione e promozione delle memorie di Torino città-politecnica.
Il Centro Storico Fiat è un museo e archivio aziendale che espone automobili, aeroplani, treni, trattori, camion, biciclette, lavatrici, frigoriferi con marchio Fiat. Modellini in scala
Nella parte archivistica si trovano ricostruzioni di parti del processo produttivo, manifesti e bozzetti pubblicitari completano la collezione. La parte archivistica conserva più di 5.000 metri lineari di documenti cartacei, 300.000 disegni tecnici, 5.000 tra volumi e riviste di automobilismo e storia industriale, 6 milioni di immagini, 200 ore di filmati storici.
Il Centro Storico Fiat è un museo e archivio aziendale che espone automobili, aeroplani, treni, trattori, camion, biciclette, lavatrici, frigoriferi con marchio Fiat. Modellini in scala
Nella parte archivistica si trovano ricostruzioni di parti del processo produttivo, manifesti e bozzetti pubblicitari completano la collezione. La parte archivistica conserva più di 5.000 metri lineari di documenti cartacei, 300.000 disegni tecnici, 5.000 tra volumi e riviste di automobilismo e storia industriale, 6 milioni di immagini, 200 ore di filmati storici.
Il palazzo Vittone, costruito sul margine dell'attuale piazza del mercato di Pinerolo ed edificato a partire dal 1740 su progetto di Bernardo Vittone, fu voluto dal re Carlo Emanuele III quale sede per l'Ospizio dei Catecumeni. Oggi il palazzo ospita la Pinacoteca Civica ed è sede di importanti musei ed istituzioni culturali come il Museo di Scienze Naturali e il Museo Etnografico. Nella Pinacoteca sono esposte le più belle firme locali, piemontesi e nazionali della pittura a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento: Lorenzo Delleani, Giacomo Grosso, Felice Carena, Enrico Reycend. Elemento caratterizzante il Museo di Scienze Naturali è invece la straordinaria collezione micologica che raccoglie migliaia di esemplari di funghi da tutti i continenti. Il museo ospita altre sezioni tematiche, quali la collezione entomologica, la collezione malacologica, un'intera sala dedicata alla mineralogia con splendidi campioni di minerali da tutto il Piemonte. Il Museo Etnografico, collocato nei sotterranei del palazzo, sotto le suggestive volte in mattoni a vista, conserva un'ampia documentazione di cultura popolare delle campagne e delle montagne del pinerolese e delle vallate alpine in genere. Un risalto particolare hanno nel museo i modelli che riproducono alcune tipologie particolari di fabbricati (dalla fucina alla tipica abitazione provenzale delle valli) realizzati in scala.
Il palazzo Vittone, costruito sul margine dell'attuale piazza del mercato di Pinerolo ed edificato a partire dal 1740 su progetto di Bernardo Vittone, fu voluto dal re Carlo Emanuele III quale sede per l'Ospizio dei Catecumeni. Oggi il palazzo ospita la Pinacoteca Civica ed è sede di importanti musei ed istituzioni culturali come il Museo di Scienze Naturali e il Museo Etnografico. Nella Pinacoteca sono esposte le più belle firme locali, piemontesi e nazionali della pittura a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento: Lorenzo Delleani, Giacomo Grosso, Felice Carena, Enrico Reycend. Elemento caratterizzante il Museo di Scienze Naturali è invece la straordinaria collezione micologica che raccoglie migliaia di esemplari di funghi da tutti i continenti. Il museo ospita altre sezioni tematiche, quali la collezione entomologica, la collezione malacologica, un'intera sala dedicata alla mineralogia con splendidi campioni di minerali da tutto il Piemonte. Il Museo Etnografico, collocato nei sotterranei del palazzo, sotto le suggestive volte in mattoni a vista, conserva un'ampia documentazione di cultura popolare delle campagne e delle montagne del pinerolese e delle vallate alpine in genere. Un risalto particolare hanno nel museo i modelli che riproducono alcune tipologie particolari di fabbricati (dalla fucina alla tipica abitazione provenzale delle valli) realizzati in scala.
Il museo si caratterizza per la sua duplice realtà di sito archeologico e di sede museale, l'uno e l'altra strettamente correlati. L'area ovest del museo mostra una ricca stratificazione di testimonianze archeologiche, riconducibili alla chiesa di Sant'Anastasio, demolita nel 1907. Costruita a partire dal secolo VIII e parte di un influente monastero femminile benedettino, la chiesa fu oggetto di ampliamenti e trasformazioni fino al Seicento, ancora oggi chiaramente distinguibili in alcuni resti e muri di fondazione. L'elemento più interessante e meglio conservato è l'omonima cripta della chiesa, a tre navate con volte a crociera, in cui si possono ammirare colonne e capitelli di età romana e altomedievale. Nella parte est del museo sono conservati elementi lapidei pertinenti al sito di Sant'Anastasio e all'area cittadina, databili in prevalenza tra l'VIII e il XVII secolo.
Il museo si caratterizza per la sua duplice realtà di sito archeologico e di sede museale, l'uno e l'altra strettamente correlati. L'area ovest del museo mostra una ricca stratificazione di testimonianze archeologiche, riconducibili alla chiesa di Sant'Anastasio, demolita nel 1907. Costruita a partire dal secolo VIII e parte di un influente monastero femminile benedettino, la chiesa fu oggetto di ampliamenti e trasformazioni fino al Seicento, ancora oggi chiaramente distinguibili in alcuni resti e muri di fondazione. L'elemento più interessante e meglio conservato è l'omonima cripta della chiesa, a tre navate con volte a crociera, in cui si possono ammirare colonne e capitelli di età romana e altomedievale. Nella parte est del museo sono conservati elementi lapidei pertinenti al sito di Sant'Anastasio e all'area cittadina, databili in prevalenza tra l'VIII e il XVII secolo.
La Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino (anche conosciuta come GAM Torino) ospita le collezioni artistiche permanenti dell'Ottocento e del Novecento.
Il patrimonio presente si compone di oltre 47.000 opere tra dipinti, sculture, installazioni e video ordinati non secondo la progressione cronologica, ma bensì seguendo una trama logica che divide le opere in Veduta, Genere, Infanzia, Specularità, Velocità, Etica e Natura.
Periodicamente la Galleria ospita anche importanti rassegne e mostre temporanee e dispone di diversi laboratori didattici, una sala conferenze, una biblioteca, un archivio fotografico, una libreria a tema e una caffetteria.
La Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino (anche conosciuta come GAM Torino) ospita le collezioni artistiche permanenti dell'Ottocento e del Novecento.
Il patrimonio presente si compone di oltre 47.000 opere tra dipinti, sculture, installazioni e video ordinati non secondo la progressione cronologica, ma bensì seguendo una trama logica che divide le opere in Veduta, Genere, Infanzia, Specularità, Velocità, Etica e Natura.
Periodicamente la Galleria ospita anche importanti rassegne e mostre temporanee e dispone di diversi laboratori didattici, una sala conferenze, una biblioteca, un archivio fotografico, una libreria a tema e una caffetteria.
Nel 1973, in occasione del centenario della nascita dello scultore Giulio Monteverde (1873-1917), viene inaugurata a Bistagno la Gipsoteca Giulio Monteverde. Di origini contadine, Giulio Monteverde comincia la sua attività artistica come intagliatore ligneo, dando avvio a una considerevole produzione di crocifissi, per poi dedicarsi alla scultura vera e propria. La collezione che comprende ventinove opere, tra sculture in gesso, calchi e terrecotte, realizzate dall'artista tra il 1884 e il 1917, è completata da una rassegna di stampe d'epoca e da un laboratorio didattico per la realizzazione di manufatti in gesso.
Nel 1973, in occasione del centenario della nascita dello scultore Giulio Monteverde (1873-1917), viene inaugurata a Bistagno la Gipsoteca Giulio Monteverde. Di origini contadine, Giulio Monteverde comincia la sua attività artistica come intagliatore ligneo, dando avvio a una considerevole produzione di crocifissi, per poi dedicarsi alla scultura vera e propria. La collezione che comprende ventinove opere, tra sculture in gesso, calchi e terrecotte, realizzate dall'artista tra il 1884 e il 1917, è completata da una rassegna di stampe d'epoca e da un laboratorio didattico per la realizzazione di manufatti in gesso.
A Maglione, piccolo centro del canavese una semplice passeggiata diventa un viaggio nell'arte. Il Museo d'Arte Contemporanea all'Aperto di Maglione nasce nel 1985 da un'idea di Maurizio Corgnati, come associazione culturale senza fine di lucro con operatività indirizzata alla diffusione e promozione dell'arte contemporanea. I muri delle case diventano protagonisti per le sculture d'acciaio, dipinti e murales decorano le facciate dei palazzi e le diverse locations del paese. Nel mese di agosto il paese ospita stage sulle tecniche dell'affresco, destinati agli studenti delle Accademie italiane di Belle Arti. Appoggio e sostegno sono dati dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Torino, in riconoscimento del ruolo che il M.A.C.A.M. svolge nella valorizzazione artistico-culturale anche a livello turistico dell'area piemontese. La fama di Maglione, ha ampliamente varcato i confini regionali e nazionali, l'ampia eco si deve non solo alla sua peculiarità di museo fruibile passeggiando tra le vie del paese in qualsiasi momento dell'anno, ma anche all'essere del tutto estraneo alle leggi del mercato ed ai fini lucrativi.
A Maglione, piccolo centro del canavese una semplice passeggiata diventa un viaggio nell'arte. Il Museo d'Arte Contemporanea all'Aperto di Maglione nasce nel 1985 da un'idea di Maurizio Corgnati, come associazione culturale senza fine di lucro con operatività indirizzata alla diffusione e promozione dell'arte contemporanea. I muri delle case diventano protagonisti per le sculture d'acciaio, dipinti e murales decorano le facciate dei palazzi e le diverse locations del paese. Nel mese di agosto il paese ospita stage sulle tecniche dell'affresco, destinati agli studenti delle Accademie italiane di Belle Arti. Appoggio e sostegno sono dati dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Torino, in riconoscimento del ruolo che il M.A.C.A.M. svolge nella valorizzazione artistico-culturale anche a livello turistico dell'area piemontese. La fama di Maglione, ha ampliamente varcato i confini regionali e nazionali, l'ampia eco si deve non solo alla sua peculiarità di museo fruibile passeggiando tra le vie del paese in qualsiasi momento dell'anno, ma anche all'essere del tutto estraneo alle leggi del mercato ed ai fini lucrativi.
Il Museo a cielo aperto dell'architettura moderna di Ivrea, inaugurato nel 2001, nasce con una precisa mission: fare conoscere il patrimonio architettonico moderno di Ivrea, come elemento di cultura del territorio legato alla storia della sua economia ed essere, al tempo stesso, luogo dove si mostra l´architettura italiana del Novecento. Obiettivo del museo è di promuovere una riflessione articolata sulla città e il territorio, trasformandosi in un luogo di elaborazione di strategie finalizzate a conservare il patrimonio architettonico. Il complesso museale si sviluppa lungo due chilometri, in via Jervis e in aree limitrofe, dove sono state collocate sette stazioni tematico-informative, sistemate lungo i percorsi pedonali pubblici in una successione caratterizzata da una forte integrazione con il tessuto urbano. I temi delle stazioni raccontano l´impegno dell'Olivetti dalla sua fondazione alla chiusura della Società e i nei settori in cui l'azienda operato: architettura, urbanistica, disegno industriale e grafica pubblicitaria.
Il Museo a cielo aperto dell'architettura moderna di Ivrea, inaugurato nel 2001, nasce con una precisa mission: fare conoscere il patrimonio architettonico moderno di Ivrea, come elemento di cultura del territorio legato alla storia della sua economia ed essere, al tempo stesso, luogo dove si mostra l´architettura italiana del Novecento. Obiettivo del museo è di promuovere una riflessione articolata sulla città e il territorio, trasformandosi in un luogo di elaborazione di strategie finalizzate a conservare il patrimonio architettonico. Il complesso museale si sviluppa lungo due chilometri, in via Jervis e in aree limitrofe, dove sono state collocate sette stazioni tematico-informative, sistemate lungo i percorsi pedonali pubblici in una successione caratterizzata da una forte integrazione con il tessuto urbano. I temi delle stazioni raccontano l´impegno dell'Olivetti dalla sua fondazione alla chiusura della Società e i nei settori in cui l'azienda operato: architettura, urbanistica, disegno industriale e grafica pubblicitaria.
Il Museo Alessandria Città delle Biciclette racconta il ruolo rivestito dal territorio provinciale nella storia del ciclismo, dell’industria della bicicletta e del giornalismo sportivo.
Da Carlo Michel a Giovanni Maino, dalle Borsaline al Circolo Velocipedisti Alessandrino, dalla rivalità tra il tortonese Giovanni Cuniolo detto “Manina” e l’astigiano Giovanni Gerbi, soprannominato il “Diavolo Rosso”, fino alle vicende di campionissimi come Costante Girardengo e Fausto Coppi, riscopre ol ruolo centrale della provincia di Alessandria nelle origini del mito della bicicletta e nelle innumerevoli vite che ha avuto da allora.
Il territorio, infatti, con le sue strutture, con i percorsi cicloturistici di collina e di pianura, con le manifestazioni ciclo-storiche e soprattutto con la presenza di un ampio numero di appassionati, può proporsi credibilmente per raccontare la storia degli inizi e dell'affermazione dello sport delle due ruote in Piemonte e in Italia.
Il percorso museale racconta la bicicletta come singolare sintesi di artigianato, tecnologia e progettazione, che ha generato negli artisti, negli scrittori e nei musicisti innumerevoli suggestioni, stimolandone la creatività e l’inventiva. Comprende diverse aree tematiche che presentano ciascuna un argomento di particolare rilievo.
Il Museo Alessandria Città delle Biciclette racconta il ruolo rivestito dal territorio provinciale nella storia del ciclismo, dell’industria della bicicletta e del giornalismo sportivo.
Da Carlo Michel a Giovanni Maino, dalle Borsaline al Circolo Velocipedisti Alessandrino, dalla rivalità tra il tortonese Giovanni Cuniolo detto “Manina” e l’astigiano Giovanni Gerbi, soprannominato il “Diavolo Rosso”, fino alle vicende di campionissimi come Costante Girardengo e Fausto Coppi, riscopre ol ruolo centrale della provincia di Alessandria nelle origini del mito della bicicletta e nelle innumerevoli vite che ha avuto da allora.
Il territorio, infatti, con le sue strutture, con i percorsi cicloturistici di collina e di pianura, con le manifestazioni ciclo-storiche e soprattutto con la presenza di un ampio numero di appassionati, può proporsi credibilmente per raccontare la storia degli inizi e dell'affermazione dello sport delle due ruote in Piemonte e in Italia.
Il percorso museale racconta la bicicletta come singolare sintesi di artigianato, tecnologia e progettazione, che ha generato negli artisti, negli scrittori e nei musicisti innumerevoli suggestioni, stimolandone la creatività e l’inventiva. Comprende diverse aree tematiche che presentano ciascuna un argomento di particolare rilievo.
Inaugurato nel 2003 realizzato dal Comune di Novi Ligure grazie a Unione Europea, Regione Piemonte, Provincia di Alessandria e Fondazione Museo della Bicicletta, è considerato il più grande museo della storia della bicicletta e del ciclismo, per ricordarne i protagonisti novesi che ne hanno ispirato l’idea: Fausto Coppi e Costante Girandengo.
Il museo è stato allestito all’interno di un capannone industriale di inizi '900 accanto al centro della città. Nel suggestivo allestimento di Mauro Porta il museo è “sospeso” al limite della scalinata all’ingresso. Una speciale “pista” centrale divide e organizza lo spazio espositivo, ma soprattutto rappresenta l’evoluzione del “fondo stradale”: dalla terra battuta, all’acciottolato, all’asfalto, fino ai moderni materiali delle piste da ciclismo. 40 le biciclette che, poggiando su fondi diversi, raccontano l’evoluzione tecnica della bicicletta, dal primo esemplare in legno sul modello disegnato a fine del '400 da Leonardo da Vinci fino agli ultimi prototipi al titanio.
Nelle ampie sale a lato della pista trova spazio un’ideale storia del Giro d’Italia attraverso immagini e pagine di giornali che introduce al tributo reso dal Museo ai due campioni di Novi, con filmati d’epoca e testimonianze visive e sonore delle loro imprese sportive che scorrono su megaschermi. Sul fondo della sala centrale una curiosa esposizione di biciclette legate ai mestieri come quella del venditore di caldarroste, la bicicletta dell'arrotino, quella destinata al trasporto delle bombole del gas o la bici del fornaio.
Ai due lati dell’ampio spazio espositivo centrale si aprono quattro sale di cui due destinate a esposizioni temporanee e due museali ma di taglio diametralmente opposto: la Sala dei Campionissimi, dedicata ala memoria di Fausto Coppi e Costante Girardengo, con cimeli e testimonianze inedite della loro gloria di campioni ma anche del loro quotidiano di persone; le Sale audiovisive presentano al pubblico filmati d’epoca, nonché testimonianze visive e sonore di arrivi spettacolari o duelli epocali? 8 totem multimediali consentono il primo livello di approfondimento e personalizzazione della visita: attraverso un menù di filmati è possibile arricchire le informazioni circa i pezzi esposti o rivivere momenti importanti della storia del ciclismo su strada, su pista, o su sterrato, nelle sezioni dedicate al ciclocross e alla mountain bike.
Inaugurato nel 2003 realizzato dal Comune di Novi Ligure grazie a Unione Europea, Regione Piemonte, Provincia di Alessandria e Fondazione Museo della Bicicletta, è considerato il più grande museo della storia della bicicletta e del ciclismo, per ricordarne i protagonisti novesi che ne hanno ispirato l’idea: Fausto Coppi e Costante Girandengo.
Il museo è stato allestito all’interno di un capannone industriale di inizi '900 accanto al centro della città. Nel suggestivo allestimento di Mauro Porta il museo è “sospeso” al limite della scalinata all’ingresso. Una speciale “pista” centrale divide e organizza lo spazio espositivo, ma soprattutto rappresenta l’evoluzione del “fondo stradale”: dalla terra battuta, all’acciottolato, all’asfalto, fino ai moderni materiali delle piste da ciclismo. 40 le biciclette che, poggiando su fondi diversi, raccontano l’evoluzione tecnica della bicicletta, dal primo esemplare in legno sul modello disegnato a fine del '400 da Leonardo da Vinci fino agli ultimi prototipi al titanio.
Nelle ampie sale a lato della pista trova spazio un’ideale storia del Giro d’Italia attraverso immagini e pagine di giornali che introduce al tributo reso dal Museo ai due campioni di Novi, con filmati d’epoca e testimonianze visive e sonore delle loro imprese sportive che scorrono su megaschermi. Sul fondo della sala centrale una curiosa esposizione di biciclette legate ai mestieri come quella del venditore di caldarroste, la bicicletta dell'arrotino, quella destinata al trasporto delle bombole del gas o la bici del fornaio.
Ai due lati dell’ampio spazio espositivo centrale si aprono quattro sale di cui due destinate a esposizioni temporanee e due museali ma di taglio diametralmente opposto: la Sala dei Campionissimi, dedicata ala memoria di Fausto Coppi e Costante Girardengo, con cimeli e testimonianze inedite della loro gloria di campioni ma anche del loro quotidiano di persone; le Sale audiovisive presentano al pubblico filmati d’epoca, nonché testimonianze visive e sonore di arrivi spettacolari o duelli epocali? 8 totem multimediali consentono il primo livello di approfondimento e personalizzazione della visita: attraverso un menù di filmati è possibile arricchire le informazioni circa i pezzi esposti o rivivere momenti importanti della storia del ciclismo su strada, su pista, o su sterrato, nelle sezioni dedicate al ciclocross e alla mountain bike.
Il castello di Masino e il suo borgo, oggi situati nel Comune di Caravino, sono già citati in un atto del 1070. La fortezza, sotto il dominio della famiglia dei Valperga fu più volte distrutta e ricostruita sino a raggiungere nel Settecento l'aspetto attuale di notevole residenza barocca. Il castello, dal 1987 di proprietà del Fai, è stato per dieci secoli la residenza dei conti Valperga ed era circondato, originariamente, da mura e torri. E’ immerso in un monumentale parco di 24 ettari che domina la pianura del Canavese. Gli interni, con i saloni affrescati e riccamente arredati tra Seicento e Settecento, gli appartamenti di Madama Reale, le camere per gli ambasciatori e gli appartati salotti, documentano le vicende di una famiglia che fu protagonista della storia piemontese e italiana. Nel vicino palazzo delle carrozze si può ammirare la ricca collezione di carrozze del XVIII e XIX secolo. L'archivio e la biblioteca conservano ricchissime testimonianze storiche, dal periodo arduinico a tutto l'ottocento.
Il castello di Masino e il suo borgo, oggi situati nel Comune di Caravino, sono già citati in un atto del 1070. La fortezza, sotto il dominio della famiglia dei Valperga fu più volte distrutta e ricostruita sino a raggiungere nel Settecento l'aspetto attuale di notevole residenza barocca. Il castello, dal 1987 di proprietà del Fai, è stato per dieci secoli la residenza dei conti Valperga ed era circondato, originariamente, da mura e torri. E’ immerso in un monumentale parco di 24 ettari che domina la pianura del Canavese. Gli interni, con i saloni affrescati e riccamente arredati tra Seicento e Settecento, gli appartamenti di Madama Reale, le camere per gli ambasciatori e gli appartati salotti, documentano le vicende di una famiglia che fu protagonista della storia piemontese e italiana. Nel vicino palazzo delle carrozze si può ammirare la ricca collezione di carrozze del XVIII e XIX secolo. L'archivio e la biblioteca conservano ricchissime testimonianze storiche, dal periodo arduinico a tutto l'ottocento.
Il museo storico artistico del Verbano nasce nel 1909 per diventare museo del Paesaggio nel 1914, con una denominazione impegnativa che lo rende un caso unico nel panorama dei musei italiani. Il paesaggio è infatti, per definizione, un concetto onnicomprensivo in cui rientrano tutti gli elementi che caratterizzano un territorio: la natura, la storia, ma anche la stratificazione del tempo e delle opere dell'uomo. Ecco perché il museo del Paesaggio di Verbania accanto ai reperti archeologici conserva quadri, sculture, fotografie ed esempi di religiosità popolare, declinando l'idea di paesaggio in momenti articolati del territorio, tentando un approfondimento dei suoi aspetti storico-culturali e storico-artistici. La collezione museale, oltre ad avere la sua sede presso il palazzo Viani-Dugnani, si trova anche a palazzo Biumi Innocenti. In questa seconda sede vi sono le raccolte dedicate alla religiosità, alla cultura popolare e alla fotografia nonché la direzione, il centro studi sul paesaggio, l'archivio dei giardini e la biblioteca.
Il museo storico artistico del Verbano nasce nel 1909 per diventare museo del Paesaggio nel 1914, con una denominazione impegnativa che lo rende un caso unico nel panorama dei musei italiani. Il paesaggio è infatti, per definizione, un concetto onnicomprensivo in cui rientrano tutti gli elementi che caratterizzano un territorio: la natura, la storia, ma anche la stratificazione del tempo e delle opere dell'uomo. Ecco perché il museo del Paesaggio di Verbania accanto ai reperti archeologici conserva quadri, sculture, fotografie ed esempi di religiosità popolare, declinando l'idea di paesaggio in momenti articolati del territorio, tentando un approfondimento dei suoi aspetti storico-culturali e storico-artistici. La collezione museale, oltre ad avere la sua sede presso il palazzo Viani-Dugnani, si trova anche a palazzo Biumi Innocenti. In questa seconda sede vi sono le raccolte dedicate alla religiosità, alla cultura popolare e alla fotografia nonché la direzione, il centro studi sul paesaggio, l'archivio dei giardini e la biblioteca.
Il Museo, ospitato nelle sale del quattrocentesco Palazzo Mazzola, racconta le tappe più significative della storia del Palio e della città attraverso documenti , manifesti e locandine d’epoca, antichi drappi del Palio e attraverso postazioni multimediali con approfondimenti e immagini suggestive che aiutano il visitatore ad approfondire gli argomenti di maggior interesse.
Il Museo è aperto al pubblico: dal lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 13,00; il martedì e il giovedì anche dalle ore 15,00 alle ore 17,30. Sabato e domenica dalle ore 10,00 alle ore 13,00 e dalle ore 16,00 alle ore 19,00.
Il Museo, ospitato nelle sale del quattrocentesco Palazzo Mazzola, racconta le tappe più significative della storia del Palio e della città attraverso documenti , manifesti e locandine d’epoca, antichi drappi del Palio e attraverso postazioni multimediali con approfondimenti e immagini suggestive che aiutano il visitatore ad approfondire gli argomenti di maggior interesse.
Il Museo è aperto al pubblico: dal lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 13,00; il martedì e il giovedì anche dalle ore 15,00 alle ore 17,30. Sabato e domenica dalle ore 10,00 alle ore 13,00 e dalle ore 16,00 alle ore 19,00.
Il Museo del Tesoro del Duomo si trova all'interno del Palazzo Arcivescovile di Vercelli e conserva importanti oggetti provenienti dalla Cattedrale di S. Eusebio arricchitasi, nel corso dei secoli, di opere d'arte dal valore inestimabile. L'esposizione comprende l'originale riempimento del Crocifisso dell'XI secolo, le cui lamine sono tuttora conservate in Cattedrale, tre bacili in bronzo del XII secolo e alcuni oggetti liturgici cinquecenteschi donati alla Cattedrale da esponenti della famiglia Ferrero, alla guida dell'episcopio vercellese tra XVI e XVII secolo. La figura di S. Eusebio, patrono di Vercelli e primo vescovo del Piemonte, è richiamata dalla preziosa legatura del Codice A, Vetus Latina del IV secolo la cui stesura è tradizionalmente ricondotta al Santo. Parallelamente l'esposizione tiene vivo il ricordo di altri vescovi della Cattedrale mediante la presenza di oggetti a loro donati o appartenuti, come alcuni calici e un servizio pontificale da viaggio. Punto luce del Museo è la collezione di reliquiari, la più importante dell'Italia Settentrionale. Le opere si riferiscono a diverse tipologie databili dal VII al XVII secolo. Recentemente, a conclusione del percorso espositivo si sono aggiunte le Stanze del Papa delle quali la prima è evocativa della visita di Giovanni Paolo II del 1998, poiché conserva parte degli arredi originali e un altare portatile in cui sono esposti alcuni oggetti legati all'evento, mentre la seconda riecheggia il legame tra la città e Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II. Egli fu vescovo di Vercelli tra 1502 e 1503 e, nonostante il suo fugace episcopato, magnificò la cattedra eusebiana donandole un paramento di altissima qualità esecutiva che oggi è esposto insieme ad un altro splendido esempio di agopittura, l'arazzo con il Battesimo di Cristo. Unitamente alle ricche opere tessili esposte nelle Stanze del Papa sono presenti anche pitture vere e proprie, in particolare l'Adorazione dei Magi di Gerolamo Giovenone che fotografa le preziose vesti cinquecentesche e la Madonna in trono con Bambino e Santi, tavola la cui lunga vita pittorica è stata riscoperta dal recente restauro. Il patrimonio della Biblioteca Capitolare, ordinariamente accessibile ai soli studiosi e ricercatori che ne richiedono la consultazione per scopi scientifici, è costituito da un'importantissima raccolta di 260 codici databili dal IV al XV secolo. Tra i manoscritti di maggior pregio si segnalano: il Codex Vercellensis Evangeliorum (Codice A), del IV secolo e ricondotto dalla tradizione a S. Eusebio, l'Apollo Medicus (CCII), del IX secolo con splendide miniature a piena pagina, il Vercelli Book (CXVII), tra i più antichi codici in lingua anglosassone fino ad ora conosciuti, risalente alla fine del X secolo. Inoltre, la Biblioteca conserva 17 incunaboli, 150 cinquecentine e 3000 edizioni dei secoli successivi.La Biblioteca non è normalmente aperta ai visitatori, salvo visite guidate su richiesta per gruppi (da 5 a 20 partecipanti) o particolari eventi organizzati dalla Fondazione.
Il Museo del Tesoro del Duomo si trova all'interno del Palazzo Arcivescovile di Vercelli e conserva importanti oggetti provenienti dalla Cattedrale di S. Eusebio arricchitasi, nel corso dei secoli, di opere d'arte dal valore inestimabile. L'esposizione comprende l'originale riempimento del Crocifisso dell'XI secolo, le cui lamine sono tuttora conservate in Cattedrale, tre bacili in bronzo del XII secolo e alcuni oggetti liturgici cinquecenteschi donati alla Cattedrale da esponenti della famiglia Ferrero, alla guida dell'episcopio vercellese tra XVI e XVII secolo. La figura di S. Eusebio, patrono di Vercelli e primo vescovo del Piemonte, è richiamata dalla preziosa legatura del Codice A, Vetus Latina del IV secolo la cui stesura è tradizionalmente ricondotta al Santo. Parallelamente l'esposizione tiene vivo il ricordo di altri vescovi della Cattedrale mediante la presenza di oggetti a loro donati o appartenuti, come alcuni calici e un servizio pontificale da viaggio. Punto luce del Museo è la collezione di reliquiari, la più importante dell'Italia Settentrionale. Le opere si riferiscono a diverse tipologie databili dal VII al XVII secolo. Recentemente, a conclusione del percorso espositivo si sono aggiunte le Stanze del Papa delle quali la prima è evocativa della visita di Giovanni Paolo II del 1998, poiché conserva parte degli arredi originali e un altare portatile in cui sono esposti alcuni oggetti legati all'evento, mentre la seconda riecheggia il legame tra la città e Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II. Egli fu vescovo di Vercelli tra 1502 e 1503 e, nonostante il suo fugace episcopato, magnificò la cattedra eusebiana donandole un paramento di altissima qualità esecutiva che oggi è esposto insieme ad un altro splendido esempio di agopittura, l'arazzo con il Battesimo di Cristo. Unitamente alle ricche opere tessili esposte nelle Stanze del Papa sono presenti anche pitture vere e proprie, in particolare l'Adorazione dei Magi di Gerolamo Giovenone che fotografa le preziose vesti cinquecentesche e la Madonna in trono con Bambino e Santi, tavola la cui lunga vita pittorica è stata riscoperta dal recente restauro. Il patrimonio della Biblioteca Capitolare, ordinariamente accessibile ai soli studiosi e ricercatori che ne richiedono la consultazione per scopi scientifici, è costituito da un'importantissima raccolta di 260 codici databili dal IV al XV secolo. Tra i manoscritti di maggior pregio si segnalano: il Codex Vercellensis Evangeliorum (Codice A), del IV secolo e ricondotto dalla tradizione a S. Eusebio, l'Apollo Medicus (CCII), del IX secolo con splendide miniature a piena pagina, il Vercelli Book (CXVII), tra i più antichi codici in lingua anglosassone fino ad ora conosciuti, risalente alla fine del X secolo. Inoltre, la Biblioteca conserva 17 incunaboli, 150 cinquecentine e 3000 edizioni dei secoli successivi.La Biblioteca non è normalmente aperta ai visitatori, salvo visite guidate su richiesta per gruppi (da 5 a 20 partecipanti) o particolari eventi organizzati dalla Fondazione.
Il Museo dell'Agricoltura del Piemonte, grazie all'attivo impegno dell'omonima associazione, nata nel 1977 per iniziativa di un gruppo di docenti della Facoltà di Agraria dell'Università di Torino e in collaborazione con colleghi della Facoltà di Lettere, l'ordine dei Dottori in scienze agrarie, i Collegi provinciali dei geometri e i rappresentanti delle organizzazioni professionali di categoria degli agricoltori, ha come obiettivo principale di preservare il patrimonio culturale del mondo agricolo. Il museo conserva al suo interno circa 1600 pezzi: utensili, macchine agricole d'interesse storico. Le collezioni del Museo, ammontano a oltre 1600 oggetti (da semplici utensili alle macchine agricole d'interesse storico) inventariati, schedati e catalogati, dei primi 600 si ha riscontro nel primo volume del Catalogo, pubblicato nel 1986. Accanto alla raccolta, schedatura e conservazione del materiale museale, l'Associazione Museo dell'Agricoltura del Piemonte ha promosso una vivace attività di studio e di ricerca.
Il Museo dell'Agricoltura del Piemonte, grazie all'attivo impegno dell'omonima associazione, nata nel 1977 per iniziativa di un gruppo di docenti della Facoltà di Agraria dell'Università di Torino e in collaborazione con colleghi della Facoltà di Lettere, l'ordine dei Dottori in scienze agrarie, i Collegi provinciali dei geometri e i rappresentanti delle organizzazioni professionali di categoria degli agricoltori, ha come obiettivo principale di preservare il patrimonio culturale del mondo agricolo. Il museo conserva al suo interno circa 1600 pezzi: utensili, macchine agricole d'interesse storico. Le collezioni del Museo, ammontano a oltre 1600 oggetti (da semplici utensili alle macchine agricole d'interesse storico) inventariati, schedati e catalogati, dei primi 600 si ha riscontro nel primo volume del Catalogo, pubblicato nel 1986. Accanto alla raccolta, schedatura e conservazione del materiale museale, l'Associazione Museo dell'Agricoltura del Piemonte ha promosso una vivace attività di studio e di ricerca.
Il Museo dell’Arpa Victor Salvi con sede a Piasco è il primo e unico museo al mondo dedicato esclusivamente all’arpa, alla sua storia e al suo universo sonoro.
La Comunità Montana Valle Varaita e la Salvi Harps N.S.M. S.p.a sono i principali promotori del Museo. All’Associazione Museo dell’ Arpa Victor Salvi spetterà il compito della gestione della collezione e del Museo.
Quasi tutte le arpe della collezione sono state restaurate nel laboratorio interno al museo: gli strumenti sono stati sottoposti ad un restauro conservativo atto a ripristinare quanto più possibile lo stato originale, sia dal punto di vista strutturale, sia dal punto di vista decorativo.
Il Museo dell’Arpa Victor Salvi con sede a Piasco è il primo e unico museo al mondo dedicato esclusivamente all’arpa, alla sua storia e al suo universo sonoro.
La Comunità Montana Valle Varaita e la Salvi Harps N.S.M. S.p.a sono i principali promotori del Museo. All’Associazione Museo dell’ Arpa Victor Salvi spetterà il compito della gestione della collezione e del Museo.
Quasi tutte le arpe della collezione sono state restaurate nel laboratorio interno al museo: gli strumenti sono stati sottoposti ad un restauro conservativo atto a ripristinare quanto più possibile lo stato originale, sia dal punto di vista strutturale, sia dal punto di vista decorativo.
Il Museo della Ceramica di Mondovì,collocato nel settecentesco Palazzo Fauzone di Germagnano, ospita l’allestimento permanente delle collezioni ceramiche distribuite nelle 17 sale dei piani nobili del Palazzo. Sono esposti oltre seicento pezzi ceramici distribuiti su quasi 600 metri quadrati; duemila pezzi sono poi custoditi nei depositi visitabili, destinati a studiosi, collezionisti, cultori della materia.
Le ceramiche provengono dalle collezioni di Marco Levi ultimo proprietario e direttore della fabbrica “Vedova Besio e figlio”, e di Carlo Baggioli. Quella di Baggioli - la più ricca collezione di ceramiche del distretto monregalese era stata acquistata negli anni Novanta del secolo scorso da Marco Levi, che l’aveva poi donata insieme alla propria alla Fondazione Museo della Ceramica “Vecchia Mondovì”.
L'avventura del distretto industriale monregalese della ceramica inizia in età napoleonica e si esaurisce alla fine degli anni Settanta del Novecento. La produzione della terraglia, materiale innovativo della rivoluzione industriale usato per stoviglie a costi contenuti, segna nell’Ottocento e nel Novecento la cultura e l’economia della città di Mondovì e di un ampio distretto.
Il Museo della Ceramica di Mondovì,collocato nel settecentesco Palazzo Fauzone di Germagnano, ospita l’allestimento permanente delle collezioni ceramiche distribuite nelle 17 sale dei piani nobili del Palazzo. Sono esposti oltre seicento pezzi ceramici distribuiti su quasi 600 metri quadrati; duemila pezzi sono poi custoditi nei depositi visitabili, destinati a studiosi, collezionisti, cultori della materia.
Le ceramiche provengono dalle collezioni di Marco Levi ultimo proprietario e direttore della fabbrica “Vedova Besio e figlio”, e di Carlo Baggioli. Quella di Baggioli - la più ricca collezione di ceramiche del distretto monregalese era stata acquistata negli anni Novanta del secolo scorso da Marco Levi, che l’aveva poi donata insieme alla propria alla Fondazione Museo della Ceramica “Vecchia Mondovì”.
L'avventura del distretto industriale monregalese della ceramica inizia in età napoleonica e si esaurisce alla fine degli anni Settanta del Novecento. La produzione della terraglia, materiale innovativo della rivoluzione industriale usato per stoviglie a costi contenuti, segna nell’Ottocento e nel Novecento la cultura e l’economia della città di Mondovì e di un ampio distretto.
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